martedì 13 novembre 2018

“Artigiani di Gentilezza” perché il cambiamento buono parte dal basso


Giornata Mondiale della Gentilezza. Non sia mai che venga confusa con debolezza, sottomissione o, peggio, schernita come inutile e superata. Non è un mero sostantivo in disuso, anzi. Diventare “Artigiani” della Gentilezza può essere la formula magica che da sempre la nostra società così tanto va cercando per conquistare quella finora inafferrabile felicità. D’altronde, bene già lo capì anche l’imperatore e filosofo Marco Aurelio che definì la Gentilezzala delizia più grande dell’umanità”.

La Gentilezza, infatti, equivale a forza, quella che può determinare l’autentica e globale rivoluzione buona che parte dal basso. Perché a percepirne i benefici - provare per credere - è, in primis, il nostro stato d’animo e, a ricaduta, il rapporto tra noi e gli altri. E una "serena bellezza" basata sul rispetto irrefrenabilmente si ripercuote positivamente anche sull’ambiente intorno, partendo dalla terra che calpestiamo e arrivando al cielo che scrutiamo. Si perché la Gentilezza, in questa nostra epoca così confusa, sempre di più sta apparendo come salvagente per non affondare nel mare della distrazione e dell’aridità empatica. Significativa, a riguardo, la definizione del Professor Stefano Caracciolo, ordinario di Psicologia Clinica presso l’Università di Ferrara, secondo il quale "la gentilezza calma l’aggressività, e in caso di diverbi accesi placa la rabbia. È proprio nel rapporto con l’altro che noi possiamo scoprire alcuni elementi importanti della gentilezza. Di noi stessi e degli altri".

Certo, l’agire gentile richiede “impegno”, nella coltivazione quotidiana del valore buono, attraverso un concetto che conferisce più qualità ad ogni azione. Richiede “attenzione”, per tornare a notare e apprezzare le piccole cose. Perché son quelle che contribuiscono a dar senso e probabilmente risposte alle mille eterne domande dell’animo umano. Insomma, una nuova forma di linguaggio, una coraggiosa cultura, quella che oltre la testa ci vuol cuore.
E se per molti la Gentilezza sarebbe forse da introdurre come materia di studio a scuola (un po’ come era stato fino a qualche decennio fa con l’Educazione Civica, poiché probabilmente mosse all’unisono dalla stessa impronta ‘pedagogica’), per tanti altri pareri è pur vero che “certi” gesti sbocciano non dai libri bensì da quel quid che nasce da dentro, che se lo senti non lo puoi comunque spiegare.

Che sia una pratica, un sentimento o cos’altro, se questo nostro mondo adesso sente sempre più pulsante l’esigenza di parlarne, prestiamogli ascolto. Iniziamo facendolo attraverso i nostri figli, consci che si tratta di educarli a un’affettività da recuperare e a cui spesso non siamo più abituati. Alleniamoli a questo. Nel bene e nel male le nuove generazioni sono, infatti, le carte assorbenti dei nostri valori. Insegniamo loro che un cenno delicato è il primo tangibile segno di riguardo e cura intese come virtù. Ed infine, di Gentilezza cerchiamo di farli strumento affinché “le parole gentili siano brevi e facili da dire, ma la loro eco sia eterna (Madre Teresa)”.



Questo articolo di Silva Bos ha ricevuto il Diploma di Merito al Concorso "Premio Nazionale Gentilezza 2018" dal titolo "Anno 2018. Gentilezza, perché?" indetto dal Movimento Italiano per la Gentilezza.

Silva Bos - Giornalista di Informazione Positiva...e il mondo "buono" c'è

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